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"Berlinguer: la grande ambizione" - Un film ambizioso ed assolutamente necessario

Vi racconto #3! Ieri sera ho avuto l’onore di assistere alla presentazione e anteprima di “Berlinguer: la grande ambizione" al Cinema Modernissimo di Bologna, alla presenza di Andrea Segre, Elio Germano, Marco Pettenello, Jacopo Incani (iosonouncane), Marta Donzelli, Gregorio Paonessa e Giovanni Egidio, in uscita il 31 Ottobre 2024. Di seguito il mio racconto!


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Questa pellicola è un'opera fondamentale, un richiamo imperdibile alla storia e alla memoria collettiva, un inno vibrante a un’idea di politica che sembra scomparsa, ma di cui avvertiamo oggi, più che mai, un bisogno disperato. È un film pressochè necessario soprattutto per chi cerca ancora un motivo per credere, per sognare e per impegnarsi.


La figura di Enrico Berlinguer, restituita con un'intensità commovente da Elio Germano, si innalza come una delle più grandi nella storia italiana. È il racconto di un uomo che ha speso ogni energia, ogni pensiero, ogni goccia del proprio essere per la politica. Germano ci regala un Berlinguer entusiasmante, con una presenza che buca lo schermo, una dedizione viscerale che traspare da ogni gesto, da ogni parola. Non c’è nulla di artificioso: il suo Berlinguer è carne e sangue, movenze studiate e, al contempo, un leader che risplende di passione autentica.


La narrazione attraversa le tappe cruciali della vita politica di Berlinguer: dal colpo di stato di Pinochet e la morte di Allende, dall'attentato di Sofia alle sue prime riflessioni su “Rinascita” (1973) e dunque alla formulazione di quel compromesso storico che, pur non essendo mai pienamente realizzato, rappresentava un progetto ambizioso e visionario. È la storia di un uomo che non ha mai smesso di cercare un modo per realizzare la democrazia, per darle corpo e voce, per renderla concreta e tangibile.


Ma quello che colpisce di più è la grandezza dell’ambizione di Berlinguer. L’ambizione di non essere un semplice interprete della politica sovietica in Italia, ma di farsi portatore di una nuova idea di comunismo, libera e indipendente. Il suo celebre discorso a Mosca (1976), accolto con gelo e dissenso, rappresenta una svolta epocale: pochi applausi, ma tanta determinazione. Berlinguer non cercava l’approvazione, ma il cambiamento. E qui il film vibra di quella stessa forza, di quell’incontenibile desiderio di cambiare il corso della storia. È la testimonianza di un uomo che ha avuto il coraggio di sfidare l'ordine costituito, di allargare l'orizzonte, di tentare un’alleanza complessa e discussa con la DC.


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Il vero protagonista, però, è il popolo. Gli operai nelle fabbriche, gli studenti nelle piazze, la folla che riempie le strade e che vuole essere parte attiva del proprio destino. Le immagini di repertorio, utilizzate con una potenza emotiva straordinaria e orchestrate in maniera egregia con il girato, dal regista Andrea Segre, ci ricordano la forza collettiva che animava quegli anni, una forza che voleva scegliere, parlare, contare. Il popolo è il filo rosso di questo film, è la trama che lega ogni istante, ogni fotogramma. È a loro che Berlinguer si rivolge per costruire una democrazia vera, partecipata.


E poi c’è l’aspetto più umano, profondamente umano, che rende questo film così struggente: il Berlinguer padre, marito, uomo di famiglia. La moglie, mai passiva, ma sempre al suo fianco, sostenitrice e compagna delle sue scelte difficili. I figli, testimoni della fragilità e della dolcezza che si nascondono dietro la figura di un leader. C’è una vulnerabilità in Berlinguer che non lo indebolisce, ma lo rende ancora più grande, ancora più vero. E qui il film tocca le corde più profonde, ricordandoci che dietro ogni grande idea ci sono sempre uomini e donne in carne e ossa, con le loro paure, i loro dubbi, le loro speranze.


Ma ciò che rende “Berlinguer: la grande ambizione" un'opera davvero entusiasmante è la sua capacità di parlare non solo di un passato glorioso, ma del nostro presente. In un’epoca in cui l’indifferenza sembra avere il sopravvento, questo film ci scuote, ci sveglia dal torpore. Ci ricorda che la politica non è un gioco di potere, ma una questione di vita e di morte, di sogni e di visioni. E ci dice che senza sogni, senza ambizioni, siamo destinati a perdere tutto ciò che conta davvero.


La sala del Modernissimo era gremita. Gremita di giovani come me con gli occhi spalancati, pronti a lasciarsi travolgere da una storia così potente, che non è altro che la nostra storia!

Il dibattito che è nato spontaneo alla fine della proiezione è stata una testimonianza della forza di questo film: non un dibattito organizzato, ma un flusso di emozioni, di idee, di desiderio di confronto. Abbiamo discusso fino a mezzanotte e mezza, con il regista Andrea Segre tanto che il personale del cinema doveva ormai chiudere.


E poi c’è Elio Germano, che ho avuto l’onore di incontrare. Ho stretto la mano a un attore che mi aveva già conquistato da piccolo ne "Il giovane favoloso", un film che ho amato da quando costrinsi mio nonno a portarmi in sala a vederlo. Qui, quell'attore che ho imparato a conoscere sempre più, negli anni, si è confermato tra i più grandi del nostro panorama cinematografico. Ogni sua interpretazione è un concentrato di precisione, passione e dedizione. Ogni gesto, ogni sguardo è studiato e allo stesso tempo autentico. Ed è proprio questa fusione totale tra attore e personaggio che rende il film così straordinariamente coinvolgente.


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La bellezza di una città come Bologna non si manifesta solo nei suoi portici o nelle piazze, ma nella sua energia, nella presenza viva di giovani affamati di cultura e confronto. Questa città è sovraccarica positivamente, un luogo dove l’arte, la cultura, la politica si intrecciano in un desiderio di partecipazione che contagia ogni cosa, dalle aule universitarie alle sale cinematografiche. È commovente vedere come un film come "Berlinguer: la grande ambizione" riempia le sale, come giovani e meno giovani si accalchino nei corridoi, pronti a farsi ispirare. Quei corridoi, invasi dalle file che mi separano dalla sala, sono il simbolo di una speranza: che qualcosa, di tutta quella passione, sia rimasto.


Quella sala gremita è una testimonianza di un'insaziabile fame di vita, di conoscenza, di un mondo in cui la curiosità non si è arresa alle distrazioni. Viviamo spesso, è vero, chiusi in un imbuto di illusioni, schiacciati da un mondo di impulsi tecnologici che ci incantano e ci distraggono. Ogni notifica, ogni schermo che illumina i nostri volti sembrano portarci più lontani dalla realtà. Eppure, se riuscissimo a dominare queste tecnologie, a farle diventare mezzi di crescita e non di svuotamento, allora forse non saremmo così persi e così indifferenti di fronte a ciò che ci circonda. "Berlinguer: la grande ambizione" ci insegna proprio questo: il valore delle scelte. Le scelte vere, quelle che pesano. Il bene dello Stato, la famiglia, l'umanità, la democrazia.


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Berlinguer ci ricorda il valore della dedizione totale, quella che lascia dietro di sé ogni compromesso. Un impegno che significa anche sacrificio, fino alla morte, ed è in questa scelta che Berlinguer e Moro diventano indissolubilmente uniti. La loro morte, infatti, non è solo la fine di due uomini, ma la fine di un'epoca in cui era ancora possibile credere che il bene comune fosse più importante della convenienza personale. Ed è questa tensione, questa ambizione, che il film ci restituisce con una potenza rara.


In fondo, ciò che "Berlinguer: la grande ambizione" ci restituisce è il valore dei sogni. Sogni che, come le illusioni, non sono altro che vita stessa. Perché cosa sarebbe la vita senza l’idea? Cosa sarebbe senza l’irrefrenabile desiderio di cambiare, di costruire un futuro diverso? Cosa sarebbe la vita senza Ambizione?


Andate al cinema! Tornate a respirare il profumo della sala, a immergervi nel buio che si accende di storie sullo schermo, a farvi rapire dal suono che avvolge. Vivete altri mondi quando la realtà sembra troppo stretta, create nuovi mondi quando il sogno vi chiama. Fatelo con la forza delle vostre scelte, della vostra curiosità e del vostro amore per la cultura!


Andrea Vena



 
 
 

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